Macchie d'Inchiostro

  1. Vecchia Donna Gufo

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    By Ruri il 18 Aug. 2014
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    Boh, lo metto qui perché sì. Le solite cose che scrivo senza capo nè coda.

    ----------------

    La notte era piena di luce e profumava di gelsomino ed erba appena tagliata. Seduta sul suo trespolo di stelle la vecchia alzò il naso adunco, gli occhi chiusi e le mani artigliate ben piantate sulle ginocchia, aspirando a pieni polmoni quel profumo corroborante. Solo dopo molti minuti -forse ore, forse giorni, chissà- passati in quella posizione si decise, infine, a riaprire gli occhi.
Dovette alzare di nuovo la testa, infastidita, per incontrare lo sguardo dell’uomo davanti a lei. 
-Era ora!
    Sbottò, infilando una mano nella manica per tirarne fuori un pacchetto stropicciato di sigarette. Ne sfilò una, offrendo l’ultima al suo visitatore che rifiutò con un cenno gentile del capo. La vecchia si strinse nelle spalle, affilò gli occhi gialli e si accese la sigaretta sputando in alto il fumo della prima boccata.
    -Sei in ritardo, wanagi.
    Alzò minacciosa l’indice, quasi come un artiglio, sgridando blandamente quell’anima alta che la costringeva ad alzare la testa per essere guardata in viso. L’uomo si strinse nelle spalle, scusandosi con quel breve movimento per tutto il disturbo arrecato. Non aveva detto una sola parola ma non aveva mai smesso di guardarla negli occhi. La vecchia era felice di rispecchiarsi in uno sguardo scuro e profondo -occhi da animale, si diceva una volta, con quel marrone carico nel quale era impossibile leggere alcunché perché risucchiava qualsiasi cosa- invece che in uno giallo e rapace simile al suo: a quell’uomo non si erano mai adattati quegli occhi.
    Rispettò il suo silenzio per un po’, con la sigaretta che le penzolava all’angolo della bocca e il filo di fumo che saliva in cielo intersecandosi fra la stella polare e Cassiopea.
    Poi cominciò a sbuffare, brontolare e sistemarsi con movimenti secchi sul trespolo, spostandolo un po’ dalla strada. L’uomo non la guardava più, con lo sguardo fisso in basso, concentrato su altri pensieri.
    -Ehi, wanagi! Che pensi di fare, restare lì in eterno? Guarda che intralci il cammino.
    -Mi spiace.
    Però l’anima non distolse lo sguardo da quel che stava fissando laggiù, in basso. 
Irraggiungibile come la luna.
    -Senti un po’.
    La vecchia si alzò, traballante, con il mantello di piume che le faceva da strascico spolverando alcune stelle e coprendone altre. Si affiancò all’anima, per dare un’occhiata a quel che sembrava attirare così tanto la sua attenzione.
    -Che c’è, non sei soddisfatto? Sei così avido, ombra bianca?
    -Mi spiace.
    La Donna Gufo si tolse la sigaretta dalla bocca e lasciò cadere il mozzicone nello spazio fra il tempo, che ci pensasse quello a distruggerlo, voltando poi la testa con un tintinnio di perline. Ghignò, malevola, tirando una gomitata all’anca dell’anima che accusò senza muoversi minimamente. Non sarebbe neanche riuscita ad arrivare a colpirlo più su: era davvero un’ombra alta quella.
    -Per te, per lui, p...

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    Last Post by Ruri il 18 Aug. 2014
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  2. Thorn

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    By Ruri il 27 Dec. 2011
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    L'ennesima storia di un mio pg. Ma quasi quasi io la presentazione non la faccio più, tanto è così ovvio che risulta inutile.
    Tsk.

    ***



    I marezzi del mio pelame scarlatto si confondono 
    col riverbero delle grandi sabbie. 
    Soffio dalle narici lo spavento delle solitudini. 
    Sputo la peste. 
    Mangio gli eserciti, 
    quando s'avventurano nel deserto. 
    Ho le unghie ritorte a succhiello, 
    i denti tagliati a sega; 
    e la mia coda roteante è irta di dardi 
    che lancio a destra, a sinistra,
     in avanti, in dietro. 
    Guarda! 
    Guarda! 



    CITAZIONE
    Disposizione Riservata N° 587
    Code "Alef"

    In merito al decesso del Cap. LIAM s'invia la comunicazione riservata relativa al comando della 6^ Cp Cavalleggeri.
    Si allega in riferimento all'oggetto la scheda personale del Ten. THORN, dichiarato Comandante ad interim e l'attestato di comando.
    L'arrivo del Ten. THORN è previsto in zona operativa a gg 7 dalla presente.
    L'originale di questo documento risulta firmato ed è custodito nell'ufficio relativo del Comando di Reggimento.

    IL COMANDANTE DI BATTAGLIONE
    Ten. Col.
    E. ROUE'.

    Il Maresciallo Solar alzò le sopracciglia così tanto che per un attimo pensai stessero per staccarglisi dalla faccia. Poi cominciò ad imprecare allegramente in spagnolo, senza che io riuscissi a capire una sola parola in mezzo a quell'intrico di esse cantilenate che stava sciorinando. Assunsi un'espressione imperturbabile e rimasi a fissare un punto della tenda, aspettando che la piantasse di parlare da solo.
    "Ventidue!" urlò.
    Ambo.
    "Cosa, Marescià?"
    Mi sventolò il pezzo di carta sotto il naso, furibondo. "Ha ventidue anni! Un Tenentucolo di ventidue anni ci mandano, come se non avessi abbastanza da fare adesso mi ritroverò a fare da balia a questo imbecille!"
    Rimasi in silenzio perché quando i superiori sclerano così davanti a te è bene che te ne stai zitto, e questo l'avevo imparato da tempo, però un fischio d'approvazione mi sfuggì: vacca boia, se era già Tenente a ventidue anni sto ti...

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    Last Post by Ruri il 27 Dec. 2011
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  3. Leòn

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    Vampirlesque
    By Ruri il 26 Nov. 2011
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    Ad Halloween ho giocato a Vampire - Dark Ages, e mi sono molto affezionata al personaggio che avevo creato per l'occasione. E' diventato più importante di quanto credessi, per me. Tant'è che alla fine ho deciso di scrivere qualcosa per lui. Gli voglio tanto, tanto bene.


    ---




    Il sangue scivolò lungo la lama fino a cadere a terra, in una pozza che si faceva via via sempre più larga. Il ragazzo ansimò, cercando d’ignorare il sapore di sangue in bocca e il dolore pulsante al braccio destro che gli pendeva inerte lungo il fianco. Passò la lingua sui denti, sussultando dal dolore quando andò a sfiorare il buco lasciato dal molare che l’ultimo colpo gli aveva fatto sputare a terra. Alzò lo sguardo, appannato, verso le mura di Leòn, piena di grida, fiamme, fumo.
    Si rese conto all’improvviso, vedendo quattro cavalieri dirigersi a spron battuto verso di lui, che ventitré anni sono troppo pochi per morire.
    Per morire sotto le mura di una città perduta, nel sangue e nel fango. Per morire fuggendo.
    Fece una smorfia e si preparò ad assorbire l’impatto: con un po’ di fortuna non l’avrebbero decapitato in corsa. Con un po’ di fortuna ne avrebbe portato almeno un altro con sé, prima di essere trafitto e cadere nel fango.
    I cavalieri si avvicinavano rapidi e implacabili.
    Sollevò piano la sciabola, cosciente di non essere in grado né di fuggire né di sopravvivere all’urto. Morire per morire, a ventitré anni, decise in quel momento che sarebbe morto a fronte alta.
    Sputò un grumo di sangue sul terreno, ergendosi in tutta la sua altezza: era imponente, per quanto sporco, lacero e ferito.
    I cavalli s’impennarono a pochi passi da lui, e i soldati cominciarono a schernirlo, le lance puntate contro il suo petto. Sforzandosi sarebbe riuscito a riconoscere quel dialetto, quell’idioma franco tanto odiato. Ne conosceva qualche parola, ma non le voleva ricordare. Non aveva la forza anche per ricordare.
    Attese.
    Un cavaliere smontò, divertito. Sangue gl’imbrattava l’armatura una volta lucente ora ammaccata in più punti. Si squadrarono, due visi coperti di polvere e fumo, entrambi con l’odore della guerra sulla pelle.
    Khaled alzò la sciabola, ma non fece in tempo a fare neanche un passo. Il giavellotto del secondo cavaliere gli attraversò la spalla sana, inchiodandolo a terra con un grido di dolore. Fissò il cielo con rassegnazione, imprimendosi nella mente le strisce di fumo nero che tagliavano l’azzurro: stava morendo per il cielo di Al Andalus e voleva ricordarlo, anche dopo la morte.
    Il viso ghignante del franco entrò nel suo campo visivo. Un sorriso sempre più grande, mentre alzava la spada per dare il colpo di grazia.
    Khaled non chiuse gli occhi e lo vide. Vide quel sorriso allargarsi, ed esplodere come un bocciolo rosso sangue. Vide una mano nera ritrarsi dalla nuca del franco, dopo avergli strappato con facilità mezza testa. Sentì il fruscio delle spade sguainate e le urla dei moren...

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    Last Post by Ruri il 26 Nov. 2011
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  4. Xicotencatl

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    By Ruri il 6 Aug. 2011
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    *L'adorabile faccino di Xico, fossetta e bishiflakes incluso, è opera della bionda&stupenda Rucci. Grazie, Rucci.



    Xicotencatl della Cockatrice Ebbene sì, un OC Spectre nato per ridere (insomma, la sua surplice ha un BECCO sul petto. Può essere una persona seria?) al quale però mi sono affezionata. Mai come Soheil, ma meritava anche lui la sua storia. Senso di giustizia.
    Eccola qui, dunque: una one-shottina senza troppe pretese ma che dovrebbe dare una buona idea di chi sia Xico. Il caro Xico.
    Non fatevi ingannare dall'espressione da narcotrafficante.

    Qui, in surplice (da Saint Seiya: The Lost Canvas):



    ---




    PERCHE' LE GALLINE NON VOLANO



    “Piantala di fare il coglione.”
    Miguel si appoggiò alla parete, tirando fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto stropicciato di sigarette. Ne tirò fuori una direttamente con i denti, l’accese con nonchalance e sbuffò nell’aria notturna di Acapulco una nuvoletta di fumo grigiastro, prima di offrirne una al fratello.
    “Finirai male se continui così. Non basta Alvarez a far piangere mamma? Hai deciso di mettertici anche tu?”
    Xico afferrò la sigaretta, squadrando il fratello maggiore da dietro le lenti a specchio dei suoi Rayban.
    “Non vedo perché” mormorò con la sigaretta fra le labbra, mentre copriva la fiammella dell’accendino con la mano per evitare che si spegnesse “Mamma dovrebbe venire a saperlo.”
    Ghignò soddisfatto e si mandò indietro i capelli con una mano.
    “O forse…” sbuffò il fumo direttamente in faccia a Miguel “Pensi di andare tu a raccontaglielo?”
    Miguel fece una smorfia e si ficcò i pugni nelle tasche sporche di calce.
    “Sono tuo fratello, non tuo padre, piccolo stronzo. Penso solo dovresti avere più giudizio. Ma se proprio vuoi metterti nei casini con i gringos… Bhe Xicotencatl, sono cazzi tuoi!”
    Xico ridacchiò, scuotendo il capo. Suo fratello non era per niente credibile mentre faceva l’indifferente. Era il problema di Miguel: il complesso da crocerossina.
    “Che dovrei fare secondo te allora? Imitarti? Rompermi la schiena a rifare i tetti dei gringos per portare a casa uno stipendio da fame come il tuo?”
    Gli occhi verdi di Miguel lampeggiarono di rabbia repressa, ma Xico fece finta di non accorgersene e continuò imperterrito il suo esame.
    “No, grazie. Sollevare sacchi di tegole più grandi di me non è proprio la mia massima ispirazione.”
    L’uno davanti all’altro i due ragazzi tutto potevano sembrare men che fratelli: uno con i capelli rasati, un fisico che pochi sarebbero riusciti ad egu...

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    Last Post by Ruri il 6 Aug. 2011
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    By Ruri il 30 July 2011
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    Diciamoci la verità: un aggiornamento non se l'aspettava nessuno. Invece aggiorno, ecco! Alla facciaccia di chi mi vuole male, riesco a scrivere anche in caserma!
    Non mi lobotomizzerete!
    Non avrete il mio cervello! Continuerò ad inventare, fantasticare, scrivere, leggere, imparare, conoscere; malgrado i vostri subdoli tentativi io proseguirò imperterrita!
    E Soheil con me, a quanto pare.
    E aggiungo anche un bel supporto grafico: la scheda tecnica dell'Incubo. Non è un amore?

    ATTENZIONE: rimando alle avvertenze di questo capitolo.




    *il faccino di Soheil in questa scheda è opera della bionda&stupenda Rucci. Grazie, Rucci.*



    ---


    “Tutto, dal tuo corpo al più infinitesimale granello di polvere, è composto da atomi”
    Soheil si agitò sulla sedia, cercando una via di fuga.
    “Il Cosmo dentro di noi non è che l’Essenza delle Stelle Malefiche che ci guidano e ci consente di controllare il movimento e l’esistenza dell’atomo: attraverso il Cosmo siamo in grado di rallentare o accelerare il movimento degli atomi o distruggere i legami che li tengono uniti”
    Soheil alzò lo sguardo sul soffitto, appoggiando una gamba sul bracciolo della sedia.
    “Rallentare il movimento degli atomi significa abbassare la temperatura dell’oggetto da essi composto, accelerarla produce l’effetto inverso”
    Soheil cominciò a giocherellare con l’anello, continuando a fissare un punto vuoto del soffitto.
    “Distruggere i legami fra gli atomi porta alla distruzione dell’oggetto e tu...”
    Rune di Balrog alzò lo sguardo sul suo allievo, irritato. Incubus stava dimostrando un difetto piuttosto grave: non sembrava capace di concentrarsi su qualcosa per più di dieci minuti.
    E soprattutto non riusciva a stare fermo.
    Impetuoso, come il fuoco.
    Soheil appoggiò anche l’altra gamba sul bracciolo, in una posa decisamente scomposta, e Rune decise che anche la sua pazienza aveva un limite. Batté con forza la mano sulla scrivania, facendo sobbalzare il ragazzo che per poco non caracollò giù dalla sedia.
    “Tu non mi stai ascoltando, Incubus” mormorò, mantenendo un tono di voce pacato.
    “Mi chiedo dunque quanto tu abbia capito di ciò che sto cercando di spiegarti. E siediti composto”
    Il ragazzo si schiarì la voce, fingendo di essere in imbarazzo, e si sistemò sulla sedia riprendendo a fissare il suo Maestro.
    “Non è che non voglia ascoltare dem...Maestro. Davvero, probabilmente è qualcosa di molto interessante e sono convinto mi sarebbe molto utile ma non ci capirei niente comunque”
    Rune intrecciò le dita sulla scrivania, decidendo in quel momento di cercare un approccio diverso con quel giovane che aveva davanti. Non era facile spiegare ad un ladruncolo ignorante conc...

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    Last Post by Ruri il 30 July 2011
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    By Ruri il 15 Feb. 2011
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    PREMESSA IMPORTANTE: in quest'aggiornamento apparirà un altro personaggio originale, non canonico. E' Mathias di Ivy, che ho già fanartato una volta (Ricordate?) e che NON è un mio personaggio. E' di Shin, che molto gentilmente mi ha concesso di averlo come "partner in crime" di Soheil, ed appare ne Il Canto della Banshee.
    E' un cherubino malvagio, fate attenzione!

    Detto ciò, aggiorniamo =C=

    ***



    La luce delle Stelle Demoniache non si era fatta più potente con il passare delle ore, solo più nitida. Come se lentamente il loro bagliore fosse riuscito ad attraversare una sottile, invisibile, coltre di nubi, per accarezzare con freddezza la terra scabrosa del Regno dei Morti.
    Soheil lanciò l’anello in aria e lo riprese al volo, osservando come quella luce non si riflettesse affatto nell’argento lucido. Il fenomeno non lo sorprese più di tanto, ormai si stava abituando all’idea che buona parte delle sue certezze incrollabili fossero in realtà nient’altro che castelli di carte, pronti a rovinare su sé stessi al primo soffio di vento.
    E il vento, nel Mondo dei Morti, era sempre tempesta e mai brezza leggera.
    Si era svegliato un paio d’ore prima, scostandosi di dosso la coperta che qualcuno gentilmente gli aveva appoggiato sopra, e per fortuna altrimenti si sarebbe ritrovato completamente intirizzito. La camerata era avvolta nel silenzio e Soheil sgusciò all’esterno osservando ogni cosa con curiosità, persino quelle persone addormentate che nel sonno rivelavano sul volto molteplici espressioni: alcuni erano raggomitolati in posizione fetale, il viso nascosto dalle coperte, troppo timorosi per accettare di trovarsi lì; altri sembravano dormire serenamente di un sonno senza sogni né incubi; un paio, persino, avevano il sorriso sulle labbra.
    Come se sogni piacevoli potessero scendere fin nell’Inferno, accompagnati dalle braccia di Morfeo.
    Ora, vestito con abiti da allenamento con i quali aveva litigato per qualche minuto prima di capire come diamine s’indossassero e con i capelli ancora umidi sulle spalle, Soheil se ne rimaneva immobile su un sasso, ad ascoltare i lamenti dei dannati.
    Il Tribunale era l’unica isola silenziosa in quella terra, situato alle sue porte forse proprio per questo. In ogni altro luogo risuonavano grida e sospiri, gemiti e lamenti, urla lancinanti e pianti convulsi. Dove non arrivava la voce dei dannati arrivava il sibilo feroce del vento o il ruggito delle fiamme.
    Non c’era silenzio all’Inferno, anche questo Soheil lo scoprì in fretta.
    Lanciò nuovamente l’anello, per poi rimanere ad osservarlo immoto sul palmo della mano. Una fascetta d’argento, niente di eclatante. Rimasuglio di un furto di parecchi anni prima.
    Lo aveva tenuto con sé per via dell’incisione all’interno che l’aveva incuriosito. Javeed gliel’ave...

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    Last Post by Ruri il 15 Feb. 2011
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    By Ruri il 7 Feb. 2011
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    Non so a voi, ma a me sti due spatasciano dal ridere.
    Davvero.


    ***



    Soheil era stanco, malgrado cercasse in ogni modo di non darlo a vedere. La sua non era una stanchezza solo fisica, anche se ovviamente era presente anche quella.
    Era mentalmente stanco.
    Stanco del tentativo di assorbire troppe informazioni nuove in una volta; stanco di doversi rapportare con un mondo a lui completamente estraneo eppure tanto amato; stanco di dover mostrare referenza verso il demonio che aveva davanti e praticamente a tutti quelli che avrebbe incontrato.
    Stanco di quei misteri e di quella luce gelida delle stelle, che brillavano in un cielo vuoto.
    Soprattutto, era stanco di camminare.
    Non aveva mai desiderato un letto, o anche solo un angolo di terreno dove sdraiarsi, con tanta intensità.
    Ma l’orgoglio non gli permetteva di emettere un solo gemito di disapprovazione per quella lunga marcia, né di mostrare al demonio la sua evidente stanchezza.
    Strinse le labbra, severo. Non sarebbe crollato.
    “Da domani, Soheil, comincerà il tuo addestramento.”
    Il ragazzo rispose con un grugnito. Avrebbe voluto chiedere come riuscissero a calcolare il tempo negli Inferi, dove le stelle non tramontano e il sole non sorge mai.
    Ma non aveva voglia di ascoltare l’ennesima spiegazione che probabilmente non avrebbe capito, quindi tacque.
    Ci sarebbe stato tempo anche per quello.
    “Mi occuperò io del tuo allenamento” continuò Rune imperterrito, dando l’impressione di essere perfettamente a suo agio mentre calcava la terra dei Morti, avvolto in metallo spettrale.
    “Così come dell’altra Stella affidatami, dobbiamo aspettarlo.”
    “Altra? Siamo in due allora? Cosa si sa di lui?”
    Soheil ebbe uno sprazzo di curiosità al riguardo. L’idea di non doversi trovare da solo a subire l’allenamento di quel demonio falsamente rassicurante lo rallegrava un po’.
    Forse è un tipo simpatico, chissà.
    “Nulla ancora. Lord Minos è andato a prenderlo.”
    Silenziosamente il ragazzo ringraziò la sua buona stella, e la cosa gli parve decisamente ironica, di non essere stato costretto ad incontrare Lord Minos. Ancora.
    Il solo nome gli faceva tornare alla mente una serie di emozioni molto vaghe: come ricordi sfocati di ricordi. E quei ricordi parlavano di Re e di palazzi infiniti e di una potenza inimmaginabile.

    Gli alloggi provvisori apparvero, finalmente, nel campo visivo del ragazzo. Li guardò per qualche istante, senza riuscire a memorizzare assolutamente niente di quella costruzione. Sarebbe andata bene anche una stalla a quel punto.
    “Guarda. Laggiù.” Rune glieli indicò e Soheil annuì stancamente. Gli edifici in sé non gli dicevano assolutamente niente ma c’era, lì, che era suo.
    Sentiva come un’essenza chiamarlo, con una nota di gioia indefinibile.
    “Ed è là che riceverai la tua Surplice.”
    Surplice.
    Rune specificò che si trattava di un’armatura ma Soheil non ne ebbe bisogno. L’istinto, me...

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    Last Post by Ruri il 7 Feb. 2011
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    By Ruri il 24 Jan. 2011
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    Aggiorniamo *C*

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    ***



    Era fuori.
    Soheil si affidò totalmente al suo senso dell’orientamento per riuscire a scappare da quel labirintico Tribunale, accelerando il passo ad ogni svolta. Alla fine stava correndo. Fuori.
    Non aveva la minima idea di dove andare, in quel momento l’unica cosa che gl’interessava era correre. Correre fino a farsi bruciare i polmoni nel petto, sentirsi le gambe ridotte a macigni e la vista offuscata. Non era interessato ad allontanarsi: sapeva di non poter fuggire da quel luogo e da ciò che aveva in serbo per lui.
    Lo sentiva, Soheil, quel legame profondo ed ineluttabile che gli artigliava il corpo e l’anima senza dargli possibilità di scampo. Una parte di lui lo amava, voleva accoglierlo e abbracciarlo.
    Ma voleva anche sfuggirlo, liberarsi da quelle maglie che si facevano ogni istante più strette. Perché tutto l’amore che provava era pervaso da un terrore profondo.
    Non hai scampo.
    E non hai scelta.

    Questo Soheil non lo tollerava. Non voleva perdere la sua libertà ma non voleva perdere quel legame che con tanta fatica aveva ritrovato.
    Per questo continuò a correre, sfiancando il corpo per smettere di pensare a qualcosa di diverso dal mettere un piede davanti all’altro, per riuscire a svuotare la mente da tutte le congetture e le sensazioni fino ad arrivare al Nulla e al Buio.
    Scivolò a terra, in ginocchio, su quella terra dei Morti bagnata dal sangue e dall’acqua dei cadaveri. Su quella terra che gli apparteneva come mai nessun’altra.
    Fissò la polvere, stordito, poi rialzò il capo verso quel cielo che non era cielo, dove centootto stelle brillavano di un’intensa luce maligna.
    Sentì nuovamente la fredda lama della consapevolezza penetrare in lui, senza trovare più alcuna resistenza.
    C’era una stella, lassù, che era la sua. Che era lui, più profondamente di quanto avesse mai immaginato.
    Si prese il viso fra le mani e pianse.

    Soheil non avrebbe saputo dire come era riuscito a ritrovare la strada per il Tribunale: si era affidato totalmente all’istinto. Per un tratto aveva seguito dei dannati, che lo avevano fissato senza interesse con le loro orbite vuote.
    Era rimasto ad ascoltare i loro lamenti, le loro preghiere, le loro scuse infantili. Bocche spalancate e mani ridotte ad artigli che graffiavano il terreno, cercando di raggiungerlo. Lui li aveva fissati con indifferenza, evitando il contatto.
    E le sue labbra si erano tese in un ghigno che nessuno aveva mai visto prima: un ghigno da belva feroce, assetata di sangue ardente.
    Davanti ad esso i dannati si erano ritratti, rattrappiti, terrorizzati. E lui aveva ripreso ad avanzare, senza più porsi domande.
    Quando arrivò al Tribunale era esausto. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva dormito; l’incendio che aveva sconvolto Shush aveva allo stesso mo...

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    Last Post by Ruri il 24 Jan. 2011
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    By Ruri il 7 Jan. 2011
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    Welcome to Hell.

    ***



    Era felice.
    Una gioia sorda, profonda, che gli rimbombava nel petto e nelle orecchie come le fiamme. Tanto intensa da fargli lacrimare gli occhi.
    Soheil piangeva ed era felice, per la prima volta da moltissimo tempo.
    Aveva il demonio, il suo demonio davanti agli occhi e non capiva una sola parola di quella lingua che si ostinava ad utilizzare.
    Aveva il corpo di Javeed raggrinzito ai piedi, il viso ormai distrutto dal fuoco che l’aveva bruciato dall’interno condannandolo ad una morte atroce e bellissima.
    Aveva la città attorno a sé che ardeva incessantemente, ripiegandosi su sé stessa con urla e gemiti quasi umani. O forse erano veramente le grida degli uomini intrappolati dal fuoco e dal fumo.
    Ed era felice.
    Il demonio fece qualche passo avanti, incurante delle fiamme che arrivavano a lambirgli i piedi, gli occhi violetti che risplendevano come tizzoni in quell’inferno rosso e ardente. Si fermò davanti a Soheil, riprendendo a parlare.
    Lentamente il ragazzo capì. Non tutto, non subito. Prima una parola, poi una frase.
    Hades.
    Incubus.

    All’interno del suo animo si dibattevano memorie di un tempo tanto antico da sfumare nel mito e nella leggenda. Una parte di lui voleva aprire quella piccola porta che ancora teneva i ricordi lontano dal suo io cosciente. Ma ne aveva paura. Perché c’erano ricordi, molto più recenti, che Soheil non voleva in alcun modo risvegliare.
    Se l’avesse fatto, lo sapeva molto bene, quel poco d’intatto che era rimasto in lui si sarebbe frantumato. Quel che non conosci non può ferirti d’altronde.
    E faticava a fare questa cernita, distinguere dagli altri i ricordi del mito e separarli, analizzarli e accoglierli pienamente.
    Il demonio appariva anche in quelli.
    Ricordava gli occhi violetti e i capelli candidi. Ma c’erano altri occhi dorati, con uno stridio e un battere d’ali incessante.
    E su tutto c’era un Dio con molte ali e una spada nera come la pece.
    “Vieni con me, Incubus.”
    E Soheil seguì il demonio, le labbra tese in un sorriso e le guance bagnate dalle lacrime. Forse avrebbe dovuto provare rimorso, o qualcosa di simile, per la distruzione che si stava lasciando alle spalle.
    Ma se ne dimenticò.
    Perché ora sapeva, con una precisione quasi inumana, che quel luogo non gli era mai appartenuto e lui non ne aveva mai fatto parte veramente. Che il suo posto era altrove.
    Che nel suo cielo splendevano solo centootto stelle, altri centootto demoni pulsanti di malignità.
    Soheil seguì il demonio.
    E le fiamme dietro di lui danzarono di gioia.

    Soheil non aveva la minima idea di dove fosse e non gl’importava. La sua mente era concentrata su altro: il difficile tentativo di rimettere a posto i ricordi nella sua testa; l’accettazione di aver appena dato alle fiamme mezza città. Non che di Shush gl’importasse veramente.
    Ma non riusciva a distogliere la mente dall’ultima immagine degli occhi ...

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    Last Post by Ruri il 7 Jan. 2011
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  10. Attraverso Occhi di Cristallo

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    Cristallo
    Grafomania
    By Ruri il 13 Dec. 2010
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    Ho ricominciato, stranamente, a scrivere fantasy. Sì, lo so che ho due storie aperte e nessuna ipotetica conclusione per entrambe, ma questa era divertente e rilassante.
    Godetevela, se vi va.

    ***



    Kaled amava la velocità.
    Si chinò sul collo del cavallo, tendendo le labbra in un sorriso mentre il vento gli sferzava il volto.
    Amava il ritmico suono degli zoccoli sul terreno, vedere il paesaggio diventare una macchia confusa di verde e azzurro fra i prati e il cielo, sentire gli occhi lacrimare per colpa del vento.
    Aveva trentacinque anni, che nelle Grandi Pianure sono molti, eppure manteneva il vigore e i riflessi di un ragazzino, spingendo la sua bestia ad una velocità che pochi avrebbero anche solo sognato di affrontare. Un sorriso gli tagliò il volto dalla pelle color bronzo, mentre serrava vieppiù le ginocchia attorno ai fianchi del cavallo per non rischiare che uno scarto improvviso lo facesse cadere di sella. Ma Kaled montava i grandi destrieri delle Pianure da quando aveva otto anni, e neanche il più bizzoso era riuscito a farlo cadere.
    “Aspettami!”
    Non si voltò quando udì l’urlo, godendosi quei momenti di solitudine ancora per un paio di minuti, le zampe balzane del roano che masticavano furibonde la strada. Solo quando riuscì ad udire distintamente il suono di un altro cavallo alle sue spalle decise di tirare le redini e rallentare, finché non venne affiancato.
    “Kaled, lo azzopperai quel cavallo a correre così” brontolò l’uomo, mentre accarezzava il collo bagnato di sudore del suo destriero. Animali grandi e resistenti, in grado di percorrere miglia e miglia nelle Grandi Pianure senza abbandonare il loro cavaliere, il pelo lungo in grado di difenderli dal freddo pungente dell’inverno.
    Kaled fece altrettanto, dando alcune gioiose pacche sul collo del roano. “Falk, dimentichi che non ho mai azzoppato un cavallo in vita mia” enunciò, sicuro di sé. “Non comincerò certo con questo. E tu sai bene quanto mi annoi andare a passo d’uomo”
    Falk scosse il capo, ghignando. “Ormai dobbiamo averli sopravanzati di molto comunque. Arriveranno ore intere dopo di noi, appesantiti come sono da quel carico”
    Kaled volse per la prima volta lo sguardo alle sue spalle, dove la foresta non appariva che una macchia verdognola in lontananza.
    “E’ stata una buona caccia. Sarà più che sufficiente per tutti, per tutta la durata dei cinque giorni”
    “Fosse stato diversamente ci saremmo ritrovati a mangiar pane non lievitato e pappa d’avena come l’anno scorso”
    mugugnò Falk, facendo una smorfia di disgusto al solo ricordo. Kaled scoppiò a ridere. “Non lamentarti dell’anno scorso. La grande carestia di tre anni fa ci ha fatto digiunare tutto l’inverno, non solo i cinque giorni”
    “Oh chiedo perdono grande capo, e ti ringrazio devotamente per la tua lungimiranza in quel frangente che permise a me e a tutto il Clan di sopravvivere!”
    Kaled ris...

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    Last Post by Ruri il 14 Dec. 2010
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