Macchie d'Inchiostro

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    By Ruri il 30 July 2011
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    Diciamoci la verità: un aggiornamento non se l'aspettava nessuno. Invece aggiorno, ecco! Alla facciaccia di chi mi vuole male, riesco a scrivere anche in caserma!
    Non mi lobotomizzerete!
    Non avrete il mio cervello! Continuerò ad inventare, fantasticare, scrivere, leggere, imparare, conoscere; malgrado i vostri subdoli tentativi io proseguirò imperterrita!
    E Soheil con me, a quanto pare.
    E aggiungo anche un bel supporto grafico: la scheda tecnica dell'Incubo. Non è un amore?

    ATTENZIONE: rimando alle avvertenze di questo capitolo.




    *il faccino di Soheil in questa scheda è opera della bionda&stupenda Rucci. Grazie, Rucci.*



    ---


    “Tutto, dal tuo corpo al più infinitesimale granello di polvere, è composto da atomi”
    Soheil si agitò sulla sedia, cercando una via di fuga.
    “Il Cosmo dentro di noi non è che l’Essenza delle Stelle Malefiche che ci guidano e ci consente di controllare il movimento e l’esistenza dell’atomo: attraverso il Cosmo siamo in grado di rallentare o accelerare il movimento degli atomi o distruggere i legami che li tengono uniti”
    Soheil alzò lo sguardo sul soffitto, appoggiando una gamba sul bracciolo della sedia.
    “Rallentare il movimento degli atomi significa abbassare la temperatura dell’oggetto da essi composto, accelerarla produce l’effetto inverso”
    Soheil cominciò a giocherellare con l’anello, continuando a fissare un punto vuoto del soffitto.
    “Distruggere i legami fra gli atomi porta alla distruzione dell’oggetto e tu...”
    Rune di Balrog alzò lo sguardo sul suo allievo, irritato. Incubus stava dimostrando un difetto piuttosto grave: non sembrava capace di concentrarsi su qualcosa per più di dieci minuti.
    E soprattutto non riusciva a stare fermo.
    Impetuoso, come il fuoco.
    Soheil appoggiò anche l’altra gamba sul bracciolo, in una posa decisamente scomposta, e Rune decise che anche la sua pazienza aveva un limite. Batté con forza la mano sulla scrivania, facendo sobbalzare il ragazzo che per poco non caracollò giù dalla sedia.
    “Tu non mi stai ascoltando, Incubus” mormorò, mantenendo un tono di voce pacato.
    “Mi chiedo dunque quanto tu abbia capito di ciò che sto cercando di spiegarti. E siediti composto”
    Il ragazzo si schiarì la voce, fingendo di essere in imbarazzo, e si sistemò sulla sedia riprendendo a fissare il suo Maestro.
    “Non è che non voglia ascoltare dem...Maestro. Davvero, probabilmente è qualcosa di molto interessante e sono convinto mi sarebbe molto utile ma non ci capirei niente comunque”
    Rune intrecciò le dita sulla scrivania, decidendo in quel momento di cercare un approccio diverso con quel giovane che aveva davanti. Non era facile spiegare ad un ladruncolo ignorante conc...

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    Last Post by Ruri il 30 July 2011
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    By Ruri il 15 Feb. 2011
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    PREMESSA IMPORTANTE: in quest'aggiornamento apparirà un altro personaggio originale, non canonico. E' Mathias di Ivy, che ho già fanartato una volta (Ricordate?) e che NON è un mio personaggio. E' di Shin, che molto gentilmente mi ha concesso di averlo come "partner in crime" di Soheil, ed appare ne Il Canto della Banshee.
    E' un cherubino malvagio, fate attenzione!

    Detto ciò, aggiorniamo =C=

    ***



    La luce delle Stelle Demoniache non si era fatta più potente con il passare delle ore, solo più nitida. Come se lentamente il loro bagliore fosse riuscito ad attraversare una sottile, invisibile, coltre di nubi, per accarezzare con freddezza la terra scabrosa del Regno dei Morti.
    Soheil lanciò l’anello in aria e lo riprese al volo, osservando come quella luce non si riflettesse affatto nell’argento lucido. Il fenomeno non lo sorprese più di tanto, ormai si stava abituando all’idea che buona parte delle sue certezze incrollabili fossero in realtà nient’altro che castelli di carte, pronti a rovinare su sé stessi al primo soffio di vento.
    E il vento, nel Mondo dei Morti, era sempre tempesta e mai brezza leggera.
    Si era svegliato un paio d’ore prima, scostandosi di dosso la coperta che qualcuno gentilmente gli aveva appoggiato sopra, e per fortuna altrimenti si sarebbe ritrovato completamente intirizzito. La camerata era avvolta nel silenzio e Soheil sgusciò all’esterno osservando ogni cosa con curiosità, persino quelle persone addormentate che nel sonno rivelavano sul volto molteplici espressioni: alcuni erano raggomitolati in posizione fetale, il viso nascosto dalle coperte, troppo timorosi per accettare di trovarsi lì; altri sembravano dormire serenamente di un sonno senza sogni né incubi; un paio, persino, avevano il sorriso sulle labbra.
    Come se sogni piacevoli potessero scendere fin nell’Inferno, accompagnati dalle braccia di Morfeo.
    Ora, vestito con abiti da allenamento con i quali aveva litigato per qualche minuto prima di capire come diamine s’indossassero e con i capelli ancora umidi sulle spalle, Soheil se ne rimaneva immobile su un sasso, ad ascoltare i lamenti dei dannati.
    Il Tribunale era l’unica isola silenziosa in quella terra, situato alle sue porte forse proprio per questo. In ogni altro luogo risuonavano grida e sospiri, gemiti e lamenti, urla lancinanti e pianti convulsi. Dove non arrivava la voce dei dannati arrivava il sibilo feroce del vento o il ruggito delle fiamme.
    Non c’era silenzio all’Inferno, anche questo Soheil lo scoprì in fretta.
    Lanciò nuovamente l’anello, per poi rimanere ad osservarlo immoto sul palmo della mano. Una fascetta d’argento, niente di eclatante. Rimasuglio di un furto di parecchi anni prima.
    Lo aveva tenuto con sé per via dell’incisione all’interno che l’aveva incuriosito. Javeed gliel’ave...

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    By Ruri il 7 Feb. 2011
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    Non so a voi, ma a me sti due spatasciano dal ridere.
    Davvero.


    ***



    Soheil era stanco, malgrado cercasse in ogni modo di non darlo a vedere. La sua non era una stanchezza solo fisica, anche se ovviamente era presente anche quella.
    Era mentalmente stanco.
    Stanco del tentativo di assorbire troppe informazioni nuove in una volta; stanco di doversi rapportare con un mondo a lui completamente estraneo eppure tanto amato; stanco di dover mostrare referenza verso il demonio che aveva davanti e praticamente a tutti quelli che avrebbe incontrato.
    Stanco di quei misteri e di quella luce gelida delle stelle, che brillavano in un cielo vuoto.
    Soprattutto, era stanco di camminare.
    Non aveva mai desiderato un letto, o anche solo un angolo di terreno dove sdraiarsi, con tanta intensità.
    Ma l’orgoglio non gli permetteva di emettere un solo gemito di disapprovazione per quella lunga marcia, né di mostrare al demonio la sua evidente stanchezza.
    Strinse le labbra, severo. Non sarebbe crollato.
    “Da domani, Soheil, comincerà il tuo addestramento.”
    Il ragazzo rispose con un grugnito. Avrebbe voluto chiedere come riuscissero a calcolare il tempo negli Inferi, dove le stelle non tramontano e il sole non sorge mai.
    Ma non aveva voglia di ascoltare l’ennesima spiegazione che probabilmente non avrebbe capito, quindi tacque.
    Ci sarebbe stato tempo anche per quello.
    “Mi occuperò io del tuo allenamento” continuò Rune imperterrito, dando l’impressione di essere perfettamente a suo agio mentre calcava la terra dei Morti, avvolto in metallo spettrale.
    “Così come dell’altra Stella affidatami, dobbiamo aspettarlo.”
    “Altra? Siamo in due allora? Cosa si sa di lui?”
    Soheil ebbe uno sprazzo di curiosità al riguardo. L’idea di non doversi trovare da solo a subire l’allenamento di quel demonio falsamente rassicurante lo rallegrava un po’.
    Forse è un tipo simpatico, chissà.
    “Nulla ancora. Lord Minos è andato a prenderlo.”
    Silenziosamente il ragazzo ringraziò la sua buona stella, e la cosa gli parve decisamente ironica, di non essere stato costretto ad incontrare Lord Minos. Ancora.
    Il solo nome gli faceva tornare alla mente una serie di emozioni molto vaghe: come ricordi sfocati di ricordi. E quei ricordi parlavano di Re e di palazzi infiniti e di una potenza inimmaginabile.

    Gli alloggi provvisori apparvero, finalmente, nel campo visivo del ragazzo. Li guardò per qualche istante, senza riuscire a memorizzare assolutamente niente di quella costruzione. Sarebbe andata bene anche una stalla a quel punto.
    “Guarda. Laggiù.” Rune glieli indicò e Soheil annuì stancamente. Gli edifici in sé non gli dicevano assolutamente niente ma c’era, lì, che era suo.
    Sentiva come un’essenza chiamarlo, con una nota di gioia indefinibile.
    “Ed è là che riceverai la tua Surplice.”
    Surplice.
    Rune specificò che si trattava di un’armatura ma Soheil non ne ebbe bisogno. L’istinto, me...

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    Last Post by Ruri il 7 Feb. 2011
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    By Ruri il 24 Jan. 2011
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    Aggiorniamo *C*

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    ***



    Era fuori.
    Soheil si affidò totalmente al suo senso dell’orientamento per riuscire a scappare da quel labirintico Tribunale, accelerando il passo ad ogni svolta. Alla fine stava correndo. Fuori.
    Non aveva la minima idea di dove andare, in quel momento l’unica cosa che gl’interessava era correre. Correre fino a farsi bruciare i polmoni nel petto, sentirsi le gambe ridotte a macigni e la vista offuscata. Non era interessato ad allontanarsi: sapeva di non poter fuggire da quel luogo e da ciò che aveva in serbo per lui.
    Lo sentiva, Soheil, quel legame profondo ed ineluttabile che gli artigliava il corpo e l’anima senza dargli possibilità di scampo. Una parte di lui lo amava, voleva accoglierlo e abbracciarlo.
    Ma voleva anche sfuggirlo, liberarsi da quelle maglie che si facevano ogni istante più strette. Perché tutto l’amore che provava era pervaso da un terrore profondo.
    Non hai scampo.
    E non hai scelta.

    Questo Soheil non lo tollerava. Non voleva perdere la sua libertà ma non voleva perdere quel legame che con tanta fatica aveva ritrovato.
    Per questo continuò a correre, sfiancando il corpo per smettere di pensare a qualcosa di diverso dal mettere un piede davanti all’altro, per riuscire a svuotare la mente da tutte le congetture e le sensazioni fino ad arrivare al Nulla e al Buio.
    Scivolò a terra, in ginocchio, su quella terra dei Morti bagnata dal sangue e dall’acqua dei cadaveri. Su quella terra che gli apparteneva come mai nessun’altra.
    Fissò la polvere, stordito, poi rialzò il capo verso quel cielo che non era cielo, dove centootto stelle brillavano di un’intensa luce maligna.
    Sentì nuovamente la fredda lama della consapevolezza penetrare in lui, senza trovare più alcuna resistenza.
    C’era una stella, lassù, che era la sua. Che era lui, più profondamente di quanto avesse mai immaginato.
    Si prese il viso fra le mani e pianse.

    Soheil non avrebbe saputo dire come era riuscito a ritrovare la strada per il Tribunale: si era affidato totalmente all’istinto. Per un tratto aveva seguito dei dannati, che lo avevano fissato senza interesse con le loro orbite vuote.
    Era rimasto ad ascoltare i loro lamenti, le loro preghiere, le loro scuse infantili. Bocche spalancate e mani ridotte ad artigli che graffiavano il terreno, cercando di raggiungerlo. Lui li aveva fissati con indifferenza, evitando il contatto.
    E le sue labbra si erano tese in un ghigno che nessuno aveva mai visto prima: un ghigno da belva feroce, assetata di sangue ardente.
    Davanti ad esso i dannati si erano ritratti, rattrappiti, terrorizzati. E lui aveva ripreso ad avanzare, senza più porsi domande.
    Quando arrivò al Tribunale era esausto. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva dormito; l’incendio che aveva sconvolto Shush aveva allo stesso mo...

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    Last Post by Ruri il 24 Jan. 2011
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  5. Opere Grafiche - II

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    By Ruri il 11 Jan. 2011
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    Penso che questa cosa NON la commenterò. Potrebbe essere grandemente dannosa.
    Da sinistra a destra: Mathias di Ivy (Shin! *C*), Rune di Balrog, Soheil dell'Incubo.

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    Last Post by Ruri il 11 Jan. 2011
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  6. Opere Grafiche - I

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    By Ruri il 11 Jan. 2011
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    Nightmare!
    Niiightmaaaareee...!


    Last Post by Ruri il 12 Jan. 2011
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    By Ruri il 7 Jan. 2011
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    Welcome to Hell.

    ***



    Era felice.
    Una gioia sorda, profonda, che gli rimbombava nel petto e nelle orecchie come le fiamme. Tanto intensa da fargli lacrimare gli occhi.
    Soheil piangeva ed era felice, per la prima volta da moltissimo tempo.
    Aveva il demonio, il suo demonio davanti agli occhi e non capiva una sola parola di quella lingua che si ostinava ad utilizzare.
    Aveva il corpo di Javeed raggrinzito ai piedi, il viso ormai distrutto dal fuoco che l’aveva bruciato dall’interno condannandolo ad una morte atroce e bellissima.
    Aveva la città attorno a sé che ardeva incessantemente, ripiegandosi su sé stessa con urla e gemiti quasi umani. O forse erano veramente le grida degli uomini intrappolati dal fuoco e dal fumo.
    Ed era felice.
    Il demonio fece qualche passo avanti, incurante delle fiamme che arrivavano a lambirgli i piedi, gli occhi violetti che risplendevano come tizzoni in quell’inferno rosso e ardente. Si fermò davanti a Soheil, riprendendo a parlare.
    Lentamente il ragazzo capì. Non tutto, non subito. Prima una parola, poi una frase.
    Hades.
    Incubus.

    All’interno del suo animo si dibattevano memorie di un tempo tanto antico da sfumare nel mito e nella leggenda. Una parte di lui voleva aprire quella piccola porta che ancora teneva i ricordi lontano dal suo io cosciente. Ma ne aveva paura. Perché c’erano ricordi, molto più recenti, che Soheil non voleva in alcun modo risvegliare.
    Se l’avesse fatto, lo sapeva molto bene, quel poco d’intatto che era rimasto in lui si sarebbe frantumato. Quel che non conosci non può ferirti d’altronde.
    E faticava a fare questa cernita, distinguere dagli altri i ricordi del mito e separarli, analizzarli e accoglierli pienamente.
    Il demonio appariva anche in quelli.
    Ricordava gli occhi violetti e i capelli candidi. Ma c’erano altri occhi dorati, con uno stridio e un battere d’ali incessante.
    E su tutto c’era un Dio con molte ali e una spada nera come la pece.
    “Vieni con me, Incubus.”
    E Soheil seguì il demonio, le labbra tese in un sorriso e le guance bagnate dalle lacrime. Forse avrebbe dovuto provare rimorso, o qualcosa di simile, per la distruzione che si stava lasciando alle spalle.
    Ma se ne dimenticò.
    Perché ora sapeva, con una precisione quasi inumana, che quel luogo non gli era mai appartenuto e lui non ne aveva mai fatto parte veramente. Che il suo posto era altrove.
    Che nel suo cielo splendevano solo centootto stelle, altri centootto demoni pulsanti di malignità.
    Soheil seguì il demonio.
    E le fiamme dietro di lui danzarono di gioia.

    Soheil non aveva la minima idea di dove fosse e non gl’importava. La sua mente era concentrata su altro: il difficile tentativo di rimettere a posto i ricordi nella sua testa; l’accettazione di aver appena dato alle fiamme mezza città. Non che di Shush gl’importasse veramente.
    Ma non riusciva a distogliere la mente dall’ultima immagine degli occhi ...

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    Last Post by Ruri il 7 Jan. 2011
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  8. Oh, so Spectre!

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    By Ruri il 7 Nov. 2010
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    Rucci è una persona bionda&stupenda.
    Una persona che disegna in maniera divina.

    E ha fatto una fanart! Una fanart di Soheil! Una cosa fantastica!

    Eccola qui, gnaulate con me vi prego, io l'amo tanto per questo!
    Ripeto, l'ha fatta lei. Quindi se volete congratularvi fatelo con lei. Ma volete chi poi che qui non ci passa mai nessuno?

    Mah...mistero misterioso dentro ad un mistero del mistero che al mercato mio padre comprò.



    Non è bellissimo? *C*
    Last Post by Ruri il 7 Nov. 2010
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    By Ruri il 5 Nov. 2010
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    Aggiorniamo, per la gioia di... di...
    Ok la pianto.

    ***



    La vita nei bassifondi di Shush si reggeva su alcune incrollabili certezze: il canto del muezzin che scandiva le ore del giorno invitando alla preghiera; il chicaleccio all’interno dei bar; l’aspro odore che proveniva dai canali fognari mai ristrutturati. Piccole certezze incrollabili che riguardavano cose e persone.
    A queste se n’era aggiunta un’altra, da poco.
    Soheil era pazzo.
    Completamente ed irrimediabilmente pazzo.

    “Ancora?!”
    Amin alzò lo sguardo e le braccia al cielo, pregando almeno dodici divinità diverse ed insultando i libertini costumi sessuali delle rimanenti.
    Se non fosse stata una situazione ai limiti del tragico, Javeed sarebbe anche scoppiato a ridere. Invece si limitò a tornare qualche passo indietro poggiando le mani sulle spalle di Soheil per scuoterlo forte.
    “Ehi, torna sulla terra!” urlò, senza ottenere poi un gran risultato.
    Solo dopo dieci minuti buoni di questo trattamento Soheil sembrò tornare in sé. Smise di fissare il cielo e riportò lo sguardo su Javeed, incuriosito.
    “Sì…?”
    “Tu sei del tutto fuori di testa.” mugugnò Amin, ficcandosi i pugni in tasca con irritazione mentre riprendeva a camminare.
    “Non è possibile andare da qualche parte con te ultimamente, se ti fermi ogni cinque passi a fissare il vuoto.”
    “Ma io non fisso il vuoto.” Soheil protestò con un leggero sorriso sulle labbra. Uno di quei sorrisi che Javeed ed Amin conoscevano bene. Uno di quei sorrisi che non portavano niente di buono.
    “Sì sì, l’ho già sentita la storiella So, risparmiamela.”
    “Non è una storiella.”
    “Piantatela voi due o sbatterò i vostri crani l’uno contro l’altro finché non riuscirò a far entrare del sale nelle vostre dannatissime zucche.” ringhiò Javeed, ben poco propenso ad accettare una lite fra i due amici in quel momento. Sopportare il carattere di Soheil era difficile prima, ora stava diventando impossibile.
    Amin non gli dava alcun aiuto in questo, visto che passava il tempo a stuzzicarlo. L’altra sera per poco non si erano ammazzati a vicenda.
    Non era una scena gradevole da ricordare quella, visto che all’improvviso Soheil era saltato alla gola di Amin con tutto l’intento di azzannarlo. Non l’aveva mai visto così e sperava di non vedercelo mai più.
    “Non prendertela con me Javeed! E’ lui quello pazzo!”
    Soheil sorrise di nuovo, inquietante. “Vuoi che ti dimostri quanto sono pazzo Amin?”
    “Basta ora!”
    Di nuovo Soheil si bloccò in mezzo alla strada, ma questa volta piegato in due dalle risate. “Oh sì, basta. E’ finita, è finita. E’ straordinario che non ve ne rendiate conto! Forse perché per voi è appena cominciata… ma è l’inizio o la fine? Non lo ricordo sai Javeed? Non riesco a capire! E’ straordinario!”
    Rideva ancora, appoggiato con la schiena contro il muro, senza riuscire a fermarsi mentre continuava a parlare di cose incomprensibili ...

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    Last Post by Ruri il 5 Nov. 2010
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    By Ruri il 12 Oct. 2010
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    Nuovo aggiornamento.
    Omero produce effetti collaterali di questo genere, sì.
    Sono spiacente.

    *coccola Soheil*

    ***



    Aprì gli occhi e li richiuse immediatamente.
    I deboli raggi di un sole offuscato, ma ancora troppo potente per qualcuno uscito dalle tenebre, l’avevano strappato ad un sonno eterno.
    Gli era parso di dormire da anni. Forse di non aver fatto altro in tutta la sua vita.
    Si rannicchiò mugolando contro il corpo caldo che percepiva al suo fianco, beandosi della serenità che gl’ispirava quel respiro tranquillo. E il profumo di lavanda.
    Familiare, in un certo qual modo.
    Eppure distante, come fosse il ricordo sfocato di una vita precedente.
    Soheil rimase in quella posizione a lungo, incapace di quantificare nuovamente lo scorrere del tempo, lui che proveniva da un luogo in cui non aveva la minima rilevanza.
    Quando Roshanai aprì gli occhi al mattino lo trovò così: rannicchiato contro di lei con gli occhi caparbiamente serrati.
    “Bentornato.” sussurrò, baciandogli la fronte.

    I ricordi erano diventati una matassa disordinata di filo spinato, decisamente troppo complessi e dolorosi da svolgere perché Soheil decidesse di provarci.
    Le uniche cose più impicciate erano i suoi capelli, con molta probabilità.
    Raderlo del tutto sarebbe stata la soluzione più sensata, eppure Roshanai non aveva neanche sfiorato quell’ipotesi, limitandosi ad accorciarli molto prima di cominciare a combattere contro i nodi con un pettine ed una pazienza infinita.
    Ore passate a litigare con quelle ciocche ribelli, ricorrendo alle forbici solo davanti agl’intrecci più ostinati, e Soheil se ne rimaneva seduto a fissare il vuoto.
    Senza emettere gemiti di protesta neanche agli strattoni più decisi. Fissava il vuoto e scavava sotto la cenere.
    Uno scavo lungo, difficile e parzialmente inutile: non tornavano ricordi, tornavano immagini sfocate, suoni, odori, sensazioni tattili, emozioni. Il tutto separato e mescolato, come se i suoi sensi avessero perso la capacità di lavorare insieme.
    Roshanai cantava.
    Vecchie canzoni e filastrocche per bambini, in un mormorio indefinibile ma sempre presente e morbidamente costante.
    Era cosciente delle difficoltà che Soheil stava affrontando. Si ricordava molto bene di situazioni peggiori, in cui la ricerca di sé stessi era terminata in un vuoto che niente era stato in grado di colmare.
    Ma questo non la scoraggiava. Non gli aveva tagliato i capelli per questo: basta cambiamenti traumatici.
    Soheil doveva tornare in grado di guardarsi allo specchio e riconoscersi, il resto sarebbe venuto dopo, naturalmente. Per ora, Soheil guardava lo specchio e sprofondava nelle fiamme.

    “Come sta?”
    Javeed si sporse un minimo, il tanto sufficiente per spiare all’interno della stanza attigua la posizione dell’amico. Soheil era immobile, sprofondato in una poltrona a fissare il cielo fuori dalla finestra.
    “Come potrebbe stare una palma.”
    Roshanai...

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    Last Post by Ruri il 12 Oct. 2010
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